La salvaguardia dei Chirotteri

I Chirotteri sono mammiferi sempre più minacciati e in diminuzione, ma nonostante ciò sono ancora poco conosciuti e ingiustificatamente temuti e spesso perseguitati.

Peraltro le interazioni negative dell’uomo nei loro confronti sono inconsapevoli, ma non per questo meno impattanti. Non si tratta soltanto di distruzione degli habitat o di eliminazione delle principali prede attraverso sostanze chimiche, ma –soprattutto- di eliminazione dei punti di rifugio come i vecchi alberi cavi (taglio per esigenze forestali), le cavità naturali (chiusura degli accessi per motivi di sicurezza), delle cavità accessibili nelle abitazioni (per ristrutturazione).

A livello europeo la situazione non è dissimile dalla nostra, tuttavia altri paesi si sono da tempo attivate iniziative per promuovere e attuare progetti mirati di conservazione e per diffondere una cultura positiva rispetto a questi animali.

Può meravigliare sapere che in effetti in Italia la totale protezione dei pipistrelli è garantita fin dal 1939, con la “Legge sulla Caccia” n.1016. Protezione ribadita con la nuova legge nazionale sull’attività venatoria (Legge n.157 del 1992). La situazione normativa di particolare salvaguardia è stata evidenziata, prima con la Convenzione di Berna del 1979 (L. n.503 del 1981), poi con la Convenzione di Bonn 82/461/CEE (L. n.42 del 1983), e infine con la Direttiva “Habitat” 92/43/CEE (recepita con DPR n. 357 del 1997) che considera tutti i pipistrelli europei di notevole importanza per la conservazione. Essa elenca ben 13 specie tra quelle fortemente minacciate dell’Allegato II (Specie la cui conservazione richiede la designazione di Zone speciali di conservazione), (STEBBINGS e GRIFFITH, 1986), inserendo tutte le altre nell’Allegato IV “Specie animali e vegetali di interesse comunitario che richiedono una protezione rigorosa”.

Infine dal 2004, aderendo all’accordo EUROBATS, https://www.eurobats.org/, il nostro Paese si è  impegnato ad adottare ogni forma di tutela e di diffusione della conoscenza dei pipistrelli. Secondo l’accordo sulla conservazione dei Chirotteri in Europa o Bat Agreement, ogni parte contraente deve:

· proibire cattura, detenzione o uccisione deliberate di esemplari, eccetto a fronte di permessi rilasciati da un’Autorità competente;

· identificare i siti importanti per la conservazione dei Chirotteri, ivi compresi i siti di rifugio, e proteggerli dal depauperamento e dal disturbo; sforzarsi di identificare e proteggere le aree di foraggiamento importanti;

· nelle decisioni sulla tutela degli ambienti, a fine di conservazione, tenere in debito conto gli habitat dei Chirotteri;

· intraprendere le misure adeguate per promuovere la conservazione dei Chirotteri e sensibilizzare il pubblico rispetto al problema;

· assegnare ad un organismo competente responsabilità di consulenza circa la conservazione e la gestione dei Chirotteri, con particolare riguardo ai problemi relativi alla loro presenza negli edifici;

– intraprendere le ulteriori misure considerate necessarie per la salvaguardia di popolazioni di Chirotteri minacciate e relazionare al riguardo nell’ambito della Conferenza delle Parti;

· promuovere programmi di ricerca sulla conservazione e la gestione dei Chirotteri; informare le altre Parti di tali iniziative e sforzarsi di coordinare con esse programmi di ricerca e conservazione;

· nella valutazione dei pesticidi, tener conto dei potenziali effetti sui Chirotteri;

– nei trattamenti delle strutture in legno sforzarsi di sostituire i prodotti altamente tossici per i Chirotteri con preparati innocui.

I Chirotteri sono indicatori ecologici e “specie ombrello”: monitorarne lo stato di conservazione contribuisce alla conoscenza dello stato degli ecosistemi e mantenerlo in condizione soddisfacente determina benefici di cui si avvantaggiano anche molte altre componenti delle biocenosi e l’uomo stesso (Jones et al., 2009; Kunz et al., 2011).

Il monitoraggio dello stato di conservazione delle specie e degli Habitat di interesse comunitario costituisce peraltro uno degli obblighi più importanti e impegnativi che derivano dalla Direttiva 92/43/CEE (“Direttiva Habitat”), attuata in via regolamentare col D.P.R. 357/1997 e s.m.i

Ai sensi degli articoli 11 e 17 della Direttiva, ogni sei anni, l’Italia, altri come tutti gli Stati dell’Unione Europea, è chiamata a trasmettere alla Commissione europea competente i risultati del monitoraggio; le Regioni e le Province autonome contribuiscono alla rendicontazione fornendo allo Stato rapporti annuali sullo stesso argomento (D.P.R. 357/1997 e s.m.i, art. 13).

Nel gennaio 2014, il Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare (MATTM) e l’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale (ISPRA) hanno pubblicato le “Linee guida per le Regioni e Province autonome in materia di monitoraggio delle specie e degli habitat di interesse comunitario”, delineando criteri e obiettivi per la pianificazione dei monitoraggi in previsione delle future rendicontazioni.

Tali linee sottolineano l’importanza che siano adottati protocolli di monitoraggio efficaci e che le attività vengano programmate coordinando l’azione dei diversi soggetti coinvolti al fine di massimizzare i risultati ottenibili con le risorse a disposizione. In esse si raccomanda inoltre, di individuare priorità d’intervento, dando ad esempio precedenza, fra le specie da monitorare, a quelle giudicate in precario stato di conservazione o per le quali si dispone di informazioni inadeguate alla valutazione dello stato di conservazione.

Tutte le specie di Chirotteri italiani sono oggetto delle disposizioni di monitoraggio della Direttiva e a una parte di esse, inclusa nell’allegato II, è riconosciuta implicitamente priorità d’attenzione in relazione agli obiettivi di conservazione della Direttiva, esigenza che trova conferma nei risultati del terzo rapporto nazionale sull’attuazione della Direttiva.

Nel mese di ottobre 2016 ISPRA ha pubblicato i Manuali per il monitoraggio di specie e habitat di interesse comunitario (Direttiva 92/43/CEE) in Italia: specie animali  (Stoch e Genovesi, 2016) dove Loy et al. (2016) riportano le tecniche ottimali utili ad acquisire informazioni accurate sulla distribuzione e consistenza  delle popolazioni e sugli habitat frequentati, che siano confrontabili tra successivi periodi di rendicontazione imposti dalla Direttiva Habitat (6 anni). A queste tecniche è stato possibile rapportare le metodiche di rilevamento applicate in questi anni dal nostro team, collaboratore del L.Z.B.E. di Univ. Roma 2 Tor Vergata.